I liberali alle prossime elezioni europee
Matteo Salvini ha commentato l’elezione, in Spagna, di una
presidente della Camera socialista, grazie a un compromesso dell’ultimo minuto
con i catalani di Junts, con queste parole: «Ecco cosa succede quando nel
centrodestra si mettono veti e ci si divide, vince la sinistra nonostante abbia
meno voti».
Come sapete, noi siamo nati per essere alternativi sia alla
destra che alla sinistra.
E per essere da loro equidistanti. Siamo inoltre nati con lo
scopo (che potremmo definire caratteristico di un movimento che si affermi
liberale) di isolare gli estremi: sia a destra che a sinistra.
In Europa ciò che sta a destra dei Popolari ci pare “estremo”
per la diversa idea di Unione: come abbiamo visto la settimana scorsa, per i
conservatori di ECR - guidati in Europa da Giorgia Meloni - l’Unione dovrebbe
raggiungere il suo livello massimo di integrazione diventando una confederazione
(l’Unione attuale ha “esagerato” ed è troppo “ambiziosa”, sostiene ECR).
Nel parlare di confederazione ECR (un po’ impropriamente)
intende qualcosa di meno di ciò che è l’Unione oggi in termini di integrazione:
l’obiettivo è riprendersi sovranità su tutti i fronti e abrogare le istituzioni
comuni sovranazionali come la Commissione, sempre mal sopportate dai
conservatori.
Per noi, invece, l’obiettivo rimane quello di una federazione
(gli Stati Uniti d’Europa). Sicuramente, non meno integrazione di quella
raggiunta finora: Europa sì, anche così. Cioè, non di meno.
ID, che sta ancora più a destra (il movimento di Salvini, Le
Pen e Adf fra gli altri), afferma che “lo Stato-nazione è il livello più alto
possibile in cui la democrazia può funzionare pienamente” e si oppone “a
qualsiasi nuovo trasferimento di potere dalle nazioni all'UE”.
Al contrario, i Popolari affermano che “L’Europa viene oggi
sfidata anche al suo interno dagli antieuropeisti, che non credono più che il
progetto dell'UE sia la soluzione migliore per salvaguardare la pace e la
democrazia nel continente, come fatto fin dalla seconda guerra mondiale. In un
mondo in cui nessuno Stato membro da solo è abbastanza forte da sostenere le
decisioni che influenzeranno il suo futuro, l'Europa deve riaffermare se stessa
e difendere i suoi valori. Per fare questo, dobbiamo tenere unita l'Unione
europea. Dobbiamo lavorare per un'Europa migliore, più ambiziosa”.
I Socialisti affermano che “La guerra di aggressione russa
contro l'Ucraina, come punto di svolta storico, dimostra che l'integrazione
della difesa tra i paesi dell'Unione Europea è indispensabile per la sicurezza
europea. (…) Una maggiore coerenza tra le politiche esterne e interne
dell'Unione è fondamentale per raggiungere l'autonomia strategica aperta
dell'UE. Al fine di rafforzare il suo status globale, l'Unione deve rafforzare
la sua integrazione politica”.
Per questo, allo stato attuale, una “maggioranza Ursula”
(cioè una maggioranza parlamentare che si basi su un compromesso fra
socialisti, liberali e popolari, capace di isolare le forze che si situano ai
rispettivi estremi) appare ancora la soluzione più ragionevole per il futuro
dell’Europa (nella foto sopra l’attuale composizione del Parlamento Ue).
Per avere voce in capitolo, però, ed evitare che per formare
una maggioranza si debba guardare anche a forze che intendono retrocedere nel
processo di integrazione europea, è necessario che i liberali che si iscrivono
in Europa nel gruppo di Renew Europe eleggano il maggior numero di deputati
possibile. A partire dall’Italia.
Il crollo del rublo
Malgrado la propaganda del regime e dei moltissimi filorussi
in Italia e in Europa, le sanzioni mordono.
Come avete visto, nell’ultimo anno il rublo ha continuato a
perdere valore sul dollaro, raggiungendo il minimo da 16 mesi poco prima di
ferragosto, sotto la soglia di 100 (cioè, con un dollaro si potevano comprare
più di 100 rubli).
Ciò ha costretto la Banca centrale di Russia ad aumentare il
tasso di interesse di riferimento al 12% dall'8,5% precedente.
I prezzi in Russia sono aumentati anche per l'economia di
guerra imposta dal Cremlino. Il governo ha raddoppiato la propria spesa
militare, le fabbriche producono a pieno regime armamenti e mezzi utili allo
sforzo bellico.
«Questa decisione è stata presa per limitare i rischi per la
stabilità dei prezzi», ha dichiarato la Banca centrale presieduta dalla
governatrice Elvira Nabiullina. Pesano il blocco delle transazioni con i Paesi
occidentali e la scarsa appetibilità del rublo presso i paesi - Cina e altri
dell’Asia - con cui la Russia continua ad avere scambi commerciali in
particolare di tecnologia per sostenere lo sforzo bellico contro l’Ucraina.
Una valuta più debole rende più costose le importazioni di
prodotti dall'estero, di cui la Russia è dipendente per sostituire il commercio
con l'Occidente bloccato dalle sanzioni. Per questo l'inflazione ha nel
frattempo rialzato la testa, tornando ad accelerare dopo alcuni mesi di
rallentamento (oggi si attesta attorno al 7,5%)
«L’aumento della domanda interna supera la capacità di espandere
la produzione, anche a causa della limitata disponibilità di risorse di lavoro.
Ciò rafforza la persistente pressione inflazionistica nell’economia. Le
aspettative di inflazione sono aumentate. L’andamento della domanda interna e
il deprezzamento del rublo dall’inizio del 2023 amplificano notevolmente i
rischi pro-inflazionistici», hanno spiegato dalla banca centrale.
L’aumento del costo della valuta ne limita la massa in
circolazione e ne consente per questo un riapprezzamento (tale effetto
costituisce l’altra faccia della medaglia rispetto alla riduzione
dell’inflazione).
Nell’immediato, però, il livello di vita del russo medio ne
risente ulteriormente.
La lettera della BCE sulla tassa italiana sugli extraprofitti
Il Ministero dell’Economia e delle finanze ha richiesto,
subito dopo l’approvazione della norma sugli “extraprofitti” (usiamo le
virgolette, sempre, perché, come visto sabato scorso, non c’è nulla di naturale
in questa espressione), un parere di competenza alla BCE.
La presidente della Banca centrale europea «ha ricevuto la
richiesta ufficiale di consultazione da parte del Ministro dell’Economia e
delle Finanze italiano», ha riferito l’agenzia LaPresse.
Dunque ci sarà una presa di posizione formale.
In settimana il Corriere della Sera ha scritto che si
tratterà di una netta censura.
Sia sul merito del provvedimento, che la Bce ritiene potenzialmente
dannoso per l’economia, sia sul metodo, visto che il Governo non ha comunicato
la decisione né alla Banca d’Italia, né a Francoforte, laddove il Trattato
dell’Unione Europea stabilisce la consultazione della Bce da parte delle
autorità nazionali su ogni progetto di legge di sua competenza.
Pare che l’aspetto più criticato sia comunque la destinazione data alla tassa: un conto sarebbe se andasse a finanziare gli strumenti di garanzia sui depositi o i fondi per le risoluzioni bancarie. Destinare il ricavato ad obiettivi generali di bilancio - come ha fatto il nostro Governo - sarebbe invece fortemente criticabile per la Bce (per noi una rapina).
Salario minimo
Sapete che non ci piace parlare di salario “minimo” e che
preferiremmo parlare di produttività aziendale.
Dove la produttività rimane bassa e il tessuto
imprenditoriale molto frammentato e fatto per lo più di piccole e piccolissime
aziende, infatti, fissare livelli salariali minimi può portare a paradossi come
la trasformazione del rapporto di lavoro in finto lavoro autonomo o il
pagamento di salari non dichiarati.
Abbiamo anche visto che la battaglia dell’opposizione è più
che altro una bandiera, perché il numero di lavoratori non coperti da contratti
collettivi che assicurino trattamenti minimi adeguati è esiguo.
Un recente focus realizzato da Adapt, firmato da Michele
Tiraboschi e Francesco Lombardo, ha preso in esame undici contratti collettivi
nazionali tra i più applicati, tanto nei settori forti (per il rischio di
sganciamento dal sistema contrattuale) che nei settori deboli (per valutare
l’incidenza o meno della misura prospettata nel dibattito politico)
estrapolando poi il trattamento economico complessivo, che la proposta di legge
dell’opposizione definisce come sommatoria di «trattamento minimo tabellare,
degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità
contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all’ordinario svolgimento
dell’attività lavorativa».
Il risultato è che nessuno di questi undici Ccnl maggiormente
applicati prevede un trattamento economico complessivo inferiore alla tariffa
dei 9 euro lordi omnicomprensivi. La media di questi undici Ccnl è 10,29 euro,
che parte dai 9,25 euro di una guardia giurata inquadrata al quarto livello del
Ccnl vigilanza privata fino ad arrivare alla cifra di 11,34 euro di un
operatore di laboratorio di livello E2 del Ccnl chimica-farmaceutica.
La conclusione degli esperti - dati alla mano - è la
seguente: il lavoro povero
esiste, eccome, ma è originato, anche e forse soprattutto,
dalla diffusione del lavoro irregolare che lascia i lavoratori privi di tutele
(compresa quella dei salari minimi), dall’elevato numero di contratti c.d.
pirata, dalla discontinuità e frammentarietà dei rapporti di lavoro, dal basso
numero di ore lavorate, dall’uso distorto di istituti giuridici, come i
tirocini extracurriculari.
Si aggiunga che i CCNL siglati da CGIL-CISL-UIL coprono ben
il 97% dei lavoratori.
Il fenomeno dei salari bassi riguarda quindi un numero di
lavoratori nel complesso esiguo.
Lo studio del CNEL (hanno resuscitato il CNEL!) di cui avete
letto sui giornali questa settimana afferma che sono circa 60 mila i lavoratori
italiani che sarebbero interessati dalla proposta delle opposizioni sul salario
minimo.
Per il CNEL l’emergenza riguarderebbe chi è impiegato in
settori come le pulizie, la vigilanza (che però nel focus Adapt viene
considerata adeguatamente garantita) e l’aiuto agli anziani.
Poi ci sono i settori di agricoltura e collaboratrici familiari, per i quali però il Governo si guarda bene dall’intervenire, perché «se intervenissimo per legge in questi settori scoppierebbe la rivoluzione», ha scritto La Stampa citando una fonte di maggioranza.
Accise
Da quando il Governo Meloni ha scelto di non rinnovare il
taglio delle accise sui carburanti a partire dal 1° gennaio 2023, il prezzo di
benzina, diesel, Gpl e metano ha iniziato una rapida escalation, culminata
puntualmente quest’estate con picchi record e con una media prezzi pari
soltanto a quella vista nei primi mesi del conflitto tra Russia e Ucraina.
Eppure, l’esecutivo non sembra intenzionato ad intervenire.
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha recentemente
dichiarato che “Il governo Meloni preferisce utilizzare le risorse per il
taglio del cuneo fiscale, per i salari più bassi e le famiglie più numerose”,
anche in vista di una legge di bilancio che si preannuncia complicata.
Nel programma elettorale della Lega è scritto chiaramente,
tra le proposte, di voler “proseguire con misure transitorie di riduzione delle
accise di gasolio, benzina e GPL”.
Una riduzione che per il carroccio “ha importanza fondamentale per garantire livelli minimi di competitività dell’autotrasporto” e per “ridurre il carovita”. Non solo: l’8 febbraio 2023 Salvini aveva dichiarato che “Se il costo del carburante arriva sopra i 2 euro, il Governo interverrà, come è stato già fatto l’anno scorso. Adesso però siamo a 1,8 euro, e conto che il 2 davanti non lo si vedrà più”. Pronostico sbagliato.
Quanto a Giorgia Meloni, qui il video di quando pretendeva che venissero abolite. Facile contestare quando si sta all’opposizione, eh?
Tajani in difficoltà
Tajani in difficoltà in settimana: si è sentito emarginato da
Meloni (e Salvini se la ride) per non essere stato consultato rispetto alla
norma sugli “extraprofitti” delle banche, norma di cui Meloni si è assunta la
paternità esclusiva.
Ne approfitta Renzi che, come ha riferito Il Corriere
rilanciato anche da Il Riformista, starebbe lanciando quella che il quotidiano
chiama “operazione Centro”.
Il leader di Italia Viva starebbe infatti lavorando per
raccogliere le forze riformiste meno vicine alla destra di Governo e alla
sinistra, in gruppi parlamentari con il nome, per l'appunto, “Il Centro”.
L'operazione sembra lasciare indifferente Carlo Calenda.
Con Renzi "abbiamo già divorziato" e se i gruppi
parlamentari sono ancora uniti, "non posso farci niente. C’è il mio
cognome nel simbolo, la decisione la deve prendere Renzi. Comunque siamo due
partiti diversi e andremo separati alle Europee. Al cento per cento", ha
detto il leader di Azione ieri a Repubblica.
"Con Berlusconi era Forza Italia, con Tajani è 'Forse
Italia', indeciso a tutto" sono le frasi di Renzi usate come titolo ieri
da Il Riformista.
Dal retroscena del Corriere emerge che Renzi sarebbe certo che sia solo questione di tempo: l'ondata emotiva che tiene gli elettori di FI ancora attaccati al partito fondato da Silvio Berlusconi sarebbe destinata a finire presto, e l’ex premier punterebbe a intercettare questo elettorato. Al netto di sorprese come una possibile discesa in campo di Pier Silvio Berlusconi.
Intelligence Usa: la controffensiva di Kiev in difficoltà
L’intelligence statunitense ritiene che la controffensiva
estiva ucraina non riuscirà a raggiungere la città chiave sudorientale di
Melitopol.
Lo hanno rivelato fonti informate al Washington Post,
sottolineando che, se questa previsione sarà corretta, questo significa che
Kiev non raggiungerà il suo principale obiettivo di tagliare alla Russia il
collegamento via terra con la Crimea.
La valutazione sarebbe basata sulla capacità che la Russia
sta mostrando nel difendere il territorio occupato, attraverso campi minati e
trincee, e potrebbe creare tensioni tra Kiev e le capitali occidentali sulle
ragioni per cui la controffensiva, per la quale sono state investite decine di
miliardi di dollari di armi occidentali, non sia riuscita a centrare i suoi
obiettivi.
L’avanzata verso Melitopol pare estremamente ardua e, anche
se gli ucraini potranno riconquistare località più vicine come Tokmak, sarà
difficile, spiega Rob Lee, analista militare del Foreign Policy Research
Institute, riprendere Melitopol.
In realtà, già così dobbiamo ritenere quella dell’Ucraina una
vittoria: la capacità dimostrata di resistere nel tempo alla brutale invasione
russa e di contrattaccare come fatto finora, nonostante le difficoltà
logistiche, di risorse e di approvvigionamento, deve farci applaudire ogni
giorno il fiero popolo ucraino.
Le cancellerie occidentali, che hanno delegato alle forze
armate ucraine la difesa dell’intera Europa, non possono certo avanzare pretese
ipocrite adesso.
Oggi più che mai è il momento di restare uniti al fianco dell’Ucraina.
PIL
Dopo il rialzo dello 0,6% nel primo trimestre, l'Italia non
conferma il trend di crescita del suo prodotto interno lordo.
Questo è quello che emerge dalla più recente stima flash di
Eurostat.
Nel secondo trimestre del 2023 la crescita italiana non solo
si è azzerata, ma segna addirittura segno meno: -0,3%. Peggio del dato
dell’eurozona, che cresce dello 0,3%, e peggio delle altre grandi economie
europee come Francia, Germania e Spagna.
Tra i singoli Paesi di cui sono disponibili i dati, rialzi
maggiori del Pil nel trimestre si registrano in Irlanda (+3,3), Lituania
(+2,8%) e Slovenia (+1,4%).
Se pensiamo al contributo che ha avuto sul PIL il sistema dei bonus edilizi (che non è stato quello sbandierato da Conte ma è stato comunque rilevante), il dato recente ci riporta tristemente alla realtà di un Paese che ha un bisogno estremo di riforme e di aprire il mercato.
L’insostenibile situazione delle carceri italiane
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo sulla
situazione delle carceri italiane dal nostro iscritto e referente per la
Regione Calabria Nicola Galati:
Ogni anno, particolarmente in estate, si parla brevemente
della tragedia dei suicidi in carcere, ma dopo qualche generico annuncio media
e politica tornano a dimenticarsene.
Disinteresse e apatia sulle condizioni dei detenuti sono
diffuse e comuni, la società usa il carcere come luogo dove isolare e
dimenticare i soggetti deboli e i loro problemi.
Certo, dietro ogni suicidio in carcere vi è una storia
personale, spesso inesplicabile, ma lo Stato deve garantire l’incolumità delle
persone che ha in custodia.
Chi conosce le condizioni delle carceri italiane sa che
l’estate è il periodo più difficile, tra caldo insopportabile, solitudine e
carenze strutturali, che rendono la detenzione una tortura.
Il costante sovraffollamento acuisce i problemi, unito alla
carenza di personale e all’impossibilità di garantire ad ogni ristretto il
giusto trattamento.
Molti ristretti, in particolare, sono affetti da problemi
psicologici, ma in molti istituti vi è una grave carenza di psichiatri e
psicologi.
La soluzione, però, non può essere la costruzione di nuove
carceri o l’utilizzo delle caserme dismesse, come sembra riproporre l’attuale
Governo.
Innanzitutto per una ragione di tempistica, in quanto i tempi
dei lavori non permetterebbero di affrontare l’emergenza. Inoltre, sarebbe
comunque un rimedio temporaneo, in attesa che il sovraffollamento colpisca
anche le nuove strutture.
L’utilizzo delle caserme dismesse ridurrebbe di poco i tempi
rispetto alla costruzione di nuove strutture, poiché si dovrebbero pur sempre
adeguare le caserme ai canoni previsti dalle norme sull’ordinamento
penitenziario.
Nell’immediato si potrebbe pensare alla liberazione
anticipata speciale che permetterebbe di ridurre il numero dei ristretti.
Nel lungo termine solo l’amnistia e l’indulto, uniti ad una
seria depenalizzazione e all’implementazione delle misure alternative, che
riduca il carcere ad extrema ratio, possono garantire un ritorno ad una
condizione umana e civile nelle carceri italiane.
Purtroppo, però, ci rendiamo conto di quanto sia difficile
sperare nella attuazione di tale programma considerando l’attuale panorama
politico, dominato da desolanti parole d’ordine come “buttare la chiave” o
“certezza della pena”.
L’abuso e il travisamento di quest’ultima espressione
meritano un breve approfondimento. Oggi con essa si intende la certezza della
pena carceraria, senza possibilità di modifiche o riduzioni nel corso del
tempo.
Secondo i principi del diritto penale classico, invece, la
pena è certa quando la fattispecie di reato e la sua cornice edittale sono
predeterminate dalla legge, così da evitare che siano il frutto, ex post,
dell’arbitrio del legislatore o del giudice (è un corollario del principio di
legalità).
In conformità al dettato dell’art. 27 della Costituzione, che
ne sancisce la personalizzazione e la finalità rieducativa, la pena non può che
essere flessibile.
Molti dei suicidi che si sono verificati negli ultimi anni
riguardano ristretti a cui restava poco tempo da trascorrere ancora in carcere.
Può sembrare anomalo, ma è sintomatico del diffuso timore su cosa fare una
volta fuori.
Per questo la pena deve essere concretamente volta a reinserire il detenuto nella società, senza abbandonarlo alla disperazione, alla solitudine, alla recidiva o alla più tragica delle scelte.
Cina
Si moltiplicano le preoccupazioni per la salute dell’economia
e del sistema finanziario cinese, su cui si riaccendono le luci internazionali
dopo che il colosso immobiliare Evergrande ha dichiarato bancarotta presso una
corte di New York.
Evergrande ha presentato istanza di protezione dal fallimento
secondo il capitolo 15, che consente a un tribunale fallimentare statunitense
di garantire il riconoscimento a un procedimento di insolvenza o di
ristrutturazione del debito che coinvolge Paesi stranieri.
Si tratta solo dell’ultimo tassello nelle crisi cinesi.
C’è ora preoccupazione per vedere in che misura i mercati –
che in questi giorni agostani hanno tenuto il radar puntato sulle difficoltà di
Pechino – reagiranno negativamente agli ultimi sviluppi.
Nelle scorse settimane in Cina si è parlato molto – fino ad
arrivare a manifestazioni di protesta da parte degli investitori – dei mancati
rimborsi di cedole da parte del gruppo Zhongzhi Enterprise Group, in
particolare del suo ramo di wealth management che raccoglie i patrimoni delle
persone facoltose (137 miliardi di dollari in portafoglio) e li investe, anche
nel campo del real estate: da qui le difficoltà e l’incapacità di soddisfare i
creditori.
Un passaggio non indifferente, perché rappresentativo del
“contagio” dall’economia reale al settore bancario: in particolare per un
sistema che ha molte “ombre” al suo interno.
A sua volta, anche il gruppo Country Garden lunedì scorso non
è stato in grado di rimborsare due rate di interessi su prestiti e rischia
formalmente il default se a settembre non pagherà.
Questi casi arrivano dopo una raffica di dati negativi
sull’andamento economico di Pechino, sempre più lontana dal raggiungimento di
un obiettivo di crescita del 5% indicato dal presidente Xi.
I numeri sulla produzione industriale, l’export, la
disoccupazione e da ultimo anche i prezzi delle case in calo (per la prima
volta nel 2023, per altro -secondo la Bloomberg- in misura ben maggiore
rispetto a quel che raccontano le statistiche ufficiali) hanno acceso diversi
allarmi.
In settimana è risultata illuminante sulla situazione cinese anche un’intervista rilasciata a Libero da Alberto Forchielli, il quale ha spiegato che “La crisi è abbastanza strutturale. Il settore immobiliare è abbastanza speculativo e si è costruito troppo: si sono costruite case fino al 2050. Ormai la Cina è sovra investita. (…) Adesso bisognerebbe dare i soldi in mano alla gente, perché possa consumare. Però questo non avviene perché per spostare un modello di sviluppo da intensive investment a intensive consumer sarebbe necessarie enormi riforme che il Paese non intende fare. E poi la gente non si fida più di Xi, per cui le imprese non producono più come prima e i consumatori non consumano più. C’è una crisi di confidence del regime, che è meno solido di quanto appaia. (…) Il punto è che Xi ha rotto le scatole. Il modello era: fate quello che vi pare, lavorate, consumate, risparmiate, basta che non vi impegnate in politica. Xi ha rotto quel patto: ha cominciato a dire ai cinesi che devono andare in guerra, che non devono andare più sui social network, che devono stare a casa quando non c’è bisogno di stare a casa, che non possono viaggiare perché non gli dà il passaporto. Ha rotto le scatole anche alle imprese dicendo che devono avere il Comitato del partito dentro all’azienda”.
Il libro della settimana (perché noi i libri li leggiamo,
Ministro)
Sergio Fabbrini delinea, attraverso una selezione di
editoriali comparsi sul Sole 24 Ore tra il marzo 2019 e l'agosto 2020, i nuovi
assetti e la forma organizzata assunti dall'Europa integrata in un anno di
importanti cambiamenti del contesto italiano ed europeo, a loro volta
accelerati dalla pandemia.
Attraverso il racconto cronologico l'autore illustra così il
funzionamento di un'organizzazione cruciale per lo sviluppo economico e la
stabilità democratica del nostro continente, eppure poco conosciuta per la sua
complessità istituzionale e funzionale.
Come è possibile che l'Unione europea sia così poco
conosciuta? Come spiegare ciò che avviene in Europa in modo da aumentare la
consapevolezza pubblica sulle scelte fatte o da fare? Fabbrini si sofferma, in
particolare, sull'importanza delle interdipendenze tra i Paesi che
costituiscono l'Ue, sul suo sistema decisionale, sulle implicazioni delle
politiche pubbliche dell'Unione. Dopo tutto, ricordava Luigi Einaudi, occorre
conoscere per decidere.
Invito all'azione
Liberali Democratici Europei
Nessun commento:
Posta un commento